
Ragazze di campagna
Ero felice. Era tutto finito e noi camminavamo lungo il marciapiede, sotto gli alberi, all'una di notte. Il giorno seguente era domenica, quindi potevo dormire fino a tardi. Accennai qualche passo di danza, perché ero davvero contenta e il pomodoro era buono e la mia vita era appena incominciata.
Irlanda, anni Cinquanta. Caithleen ha quattordici anni e ha paura. Ha paura di finire all'inferno. Ha paura che il padre torni a casa, ubriaco, dopo aver trascorso la notte fuori. Ha paura di sentire il rumore dell'auto che si ferma lungo la strada, il fruscio dei suoi passi sull'erba bagnata, il cigolio del catenaccio del cancello. Ha paura che il padre si metta a sbraitare, a picchiare la madre, forse a ucciderla. Ha paura di uscire di casa per andare a scuola e lasciare la madre da sola. Ha paura di non rivederla mai più. A scuola, però, deve andare. Caithleen saluta la madre, si incammina lungo la strada polverosa, vede la sua migliore amica Baba arrivare in bicicletta, prenderle il mazzo di lillà che Caithleen ha raccolto per l'insegnante e ripartire per arrivare a scuola prima, a ricevere ringraziamenti per i fiori che non ha scelto. "Sei in ritardo. Vedrai che ti uccide, ti ammazza, ti fa a pezzettini", le dice Baba appena entra in classe. Invece l'insegnante guarda Caithleen dritta in faccia e le comunica che ha vinto una borsa di studio per una delle migliori scuole superiori della contea. Ora Caithleen ha la possibilità di garantirsi un futuro migliore della madre, lontano dalla miseria, dalla paura, dalla violenza. Mamma ne sarà senz'altro felice, pensa Caithleen e in cuor suo, anche lei è contenta. Quello che ancora non sa è che, da quel giorno, tutto è destinato a cambiare e a casa non tornerà mai più.