Il cimitero di Praga
Il cimitero di Praga

«Avrei voluto mettere nella storia anche gli ebrei, come omaggio alla memoria del nonno, ma Sue non ne parlava, e non riuscivo a farli stare insieme con i gesuiti - e poi in quegli anni in Piemonte degli ebrei non importava granché a nessuno. Agli agenti non bisogna sovraccaricare la testa con troppe informazioni, loro vogliono solo idee chiare e semplici, bianco e nero, buoni e cattivi, e il cattivo deve essere uno solo.

Però agli ebrei non avevo voluto rinunciare, e li avevo usati per l’ambientazione. Era pur sempre un modo per suggerire a Bianco qualche sospetto nei confronti dei giudei.

Mi ero detto che un evento ambientato a Parigi, e ancor peggio a Torino, avrebbe potuto essere controllato. Dovevo riunire i miei gesuiti in un luogo meno raggiungibile anche ai servizi segreti piemontesi, di cui anch’essi avessero solo notizie leggendarie. Mentre i gesuiti, loro, erano dappertutto, polipi del Signore, con le loro mani adunche protese sui paesi protestanti.

Chi deve falsificare documenti deve sempre documentarsi, ed ecco perchè frequentavo le biblioteche. Le biblioteche sono affascinanti: talora sembra di stare sotto la pensilina di una stazione ferroviaria e, a consultare dei libri su terre esotiche, si ha l’impressione di viaggiare verso lidi lontani. Così mi era capitato di individuare su un libro alcune belle incisioni del cimitero ebraico di Praga. Ormai abbandonato, vi erano quasi dodicimila lapidi in uno spazio molto angusto, ma le sepolture dovevano essere molte di più perché, nel corso di alcuni secoli, molti strati di terra erano stati sovrapposti. Dopo che il cimitero era stato abbandonato qualcuno aveva rialzato alcune tombe sepolte, con le loro lapidi, così che si era creato come un ammassamento irregolare di pietre mortuarie inclinate in tutte le direzioni (o forse erano stati gli ebrei a infiggerle così senza riguardo, estranei com’erano a ogni sentimento del bello e dell’ordine)» (p. 120-121).

 

Simonini ha sotto gli occhi le incisioni di un vecchio libro. Nel romanzo però non viene riportata nessuna immagine antica che possa accoppiarsi alla descrizione appena letta, secondo un procedimento consueto nella costruzione di questo testo. Chissà che Eco non avesse sotto gli occhi non le incisioni di un antico libro, ma alcune delle molte fotografie del cimitero ebraico che sicuramente già popolavano la rete nel momento della scrittura del romanzo. O, azzardiamo, chissà che non avesse in mano questo libro. Non possiamo dirlo, ma osservare alcune di queste foto ci sembra la maniera migliore di chiudere questa carrellata dedicata a Il cimitero di Praga.

 

The old Prague Jewish Cemetery, [photographien: Jean Lukas ; text: Jindrich Lion], [Praga], Artia, 1960.

Collocazione: ARCANGELI D. 395