Loriano Macchiavelli, Le piste dell'attentato (1974)
Loriano Macchiavelli, Le piste dell'attentato (1974)

Leggiamo la pagina in cui per la prima volta entra in scena Sarti Antonio, nel secondo capitolo del primo romanzo a lui dedicato, Le piste dell’attentato, pubblicato da Campironi nel 1974, quindi nel pieno dell’attività drammaturgica di Macchiavelli:

 

«“Auto 28 a Centrale: siamo in Strada Maggiore e ci dirigiamo verso la periferia. Niente da segnalare”. Al volante c’è Felice Cantoni, agente, tranquillo, che si fuma la prima sigaretta della giornata. E anche l’ultima: il dottore gli ha detto, tre settimane fa, che due sigarette al giorno sono già troppe per la sua ulcera. Così Cantoni Felice, agente, ne fuma una sola. Una al giorno. A bordo c’è anche Antonio Sarti, sergente. Non fuma, non ha mai fumato, ma ha la colite e l’ulcera lo stesso. La colite soprattutto, che non gli dà pace. Anche adesso. Darebbe un’ora di straordinario per un cesso. Ma dove lo trovi un cesso a quell’ora di notte? Dice: “Non puoi andare più in fretta? O devo fartela sulla macchina?” (p. 9)».

 

Da notare non tanto come siano già presenti molti degli elementi che caratterizzeranno Sarti negli anni successivi, ma come sia totalmente assente una descrizione fisica del personaggio. Anche questo dato diventerà una costante: in nessuno dei romanzi successivi Macchiavelli offre un ritratto del sergente, dato piuttosto stravagante, soprattutto per un personaggio seriale. Proprio questo elemento viene sottolineato nell’introduzione firmata da Francesco Guccini per l’edizione in volume del fumetto che Gianni Materazzo trasse da Le piste dell’attentato e su cui torneremo più avanti.

Ma è il romanzo stesso che risulta stravagante ed eccezionale: nel panorama dell’editoria giallistica italiana del tempo - in cui la produzione nostrana è ancora estremamente limitata e dominano il mercato gli autori stranieri, tanto che i pochi italiani che ci si provano spesso assumono pseudonimi inglesi - l’ambientazione bolognese è praticamente un unicum. La città modello del governo di sinistra, l’“isola felice”, diventa la scena di una storia in cui attentati di destra, prostituzione e altri reati minori creano un’atmosfera tutt’altro che idilliaca.

Non rimane invece un unicum l’esperimento di Macchiavelli, che confortato dal successo ottenuto fra i lettori e nei premi di settore, continua la serie di Sarti mantenendo molte delle caratteristiche viste in Le piste dell’attentato. Già nel 1979, quando Loris Rambelli pubblica il primo (e per lungo tempo unico) studio dedicato alla Storia del giallo italiano, l’ultimo capitolo, quello che deve indicare ai lettori le più recenti novità e la strada che presumibilmente il genere seguirà negli anni successivi, si intitola La città rossa (p. 219-230) e analizza proprio i romanzi di Sarti usciti fino a quel momento, dedicando un’attenzione particolare agli ambienti: «la città di Bologna, con frequenti escursioni sulle colline, luoghi che non hanno tradizione nella geografia della letteratura poliziesca italiana» (p. 221-222).

Ricordiamo infine che Le piste dell’attentato compare anche in Le figure del delitto. Il libro poliziesco in Italia dalle origini a oggi (1989), rassegna di romanzi gialli pubblicati nel nostro paese in cui grande importanza viene data all’aspetto visivo dei volumi. Gli autori italiani ricevono limitata attenzione - coerentemente con la situazione del mercato in quel momento, anche se ci si avvicina all’esplosione degli anni Novanta - ma l’opera di Macchiavelli non può non essere citata fra gli esperimenti più riusciti degli ultimi anni.

 

Loriano Macchiavelli, Le piste dell'attentato, Milano, Campironi, [1974].

Collocazione: 35. A. 5336