Eco vuole invitare il lettore che osserva i metodi di indagine di Guglielmo a pensare a Sherlock Holmes, anche per mettere in discussione l’eccesso di razionalità e lo stereotipo di detective che il personaggio di Conan Doyle ha contribuito a creare (basti pensare che alla fine Guglielmo è sconfitto su tutti i fronti). Lo si evince anche dagli interessi e dalle conoscenze scientifiche che il monaco dispiega lungo tutto il romanzo. Che un francescano di inizio XIV secolo possa realmente possedere tutte queste nozioni è domanda inutile e oziosa, che ci si potrebbe porre anche relativamente a un gentleman detective nullafacente nella Londra ottocentesca. Eco però, come spiega all’inizio delle Postille, crea il suo mondo narrativo fin nei minimi particolari e per farlo in maniera credibile ci offre le indicazioni per potere dire che in quell’universo finzionale il monaco Guglielmo da Baskerville potrebbe avere accumulato molte nozioni scientifiche e anche un metodo di pensiero razionale. Molte di queste indicazioni sono anche storicamente rilevanti, perché per esempio l’amicizia e la vicinanza intellettuale che il protagonista rivela di avere con Guglielmo da Occam e Ruggero Bacone stanno lì a testimoniare che collocare in quel periodo quella modalità di pensiero razionale non è un anacronismo. Allo stesso scopo di creazione di un mondo narrativo il testo, spesso per bocca dello stesso Guglielmo, cita i documenti sui quali il personaggio ha costruito la propria sapienza. Alle volte si tratta di documenti realmente esistiti, alle volte di testi storicamente falsi ma perfettamente plausibili - e utili - all’interno della costruzione narrativa.
Un esempio di documento storicamente documentabile riguarda una delle passioni scientifiche del monaco: l’ottica. Anche in questo caso, se si pensa all’importanza che hanno gli specchi nella struttura della biblioteca, il riferimento non è gratuito o un banale sfoggio di sapienza, ma diventa elemento cardine della trama.
È proprio in biblioteca, di fronte allo specchio che ha confuso Adso durante l’incursione della notte del secondo giorno, che il francescano invita il novizio a leggersi «qualche trattato di ottica [...] come certo l’hanno letto i fondatori della biblioteca. I migliori sono quelli degli arabi. Alhazen compose un trattato De aspectibus in cui, con precise dimostrazioni geometriche, ha parlato della forza degli specchi» (p. 176). Il trattato di Alhazen (il cui nome in arabo è Ibn al-Haitham) è quello che vediamo nell’immagine a fianco, pubblicato nel 1572 con il titolo Opticae thesaurus (si veda Treccani filosofia. Vol. 1, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2008, p. 24-25).
L’interesse di Eco per lo specchio come oggetto scientifico-filosofico ha trovato applicazione anche nel saggio Sugli specchi (in Sugli specchi e altri saggi, p. 9-37).
Ibn al-Haitham, Opticae thesaurus. Alhazeni Arabis libri septem, nunc primùm editi. Eiusdem liber De crepusculis & nubium ascensionibus. Item Vitellonis Thuringolopoli libri 10. Omnes instaurati, figuris illustrati & aucti, adiecti etiam in Alhazenum commentarijs, a Federico Risnero, Basilea, per Episcopios, 1572.
Collocazione: 11. Ω. I. 07