(Italia/1961) di Michelangelo Antonioni (126')
SOTTO LE STELLE DEL CINEMA - OMAGGIO A MONICA VITTI
L’eclisse non era solo un film, una storia, era anche una particolare visione della vita, dei rapporti uomo-donna. Dovevo capire e accettare la fragilità e la paura dei sentimenti, io, che avevo un’idea o una speranza dell’amore abbastanza romantica. Erano film che avevano, per me, un potere culturale e morale, come quei libri che si leggono in gioventù e che sono rivelatori. Dunque non li interpretavo soltanto, ma nascevano anche dai nostri contrasti e facevano parte della mia vita. Questo era uno dei motivi per cui rinunciavo a qualunque proposta mi venisse dal di fuori. I personaggi femminili di Michelangelo erano totalmente diversi da tutti quelli del nostro cinema di allora. Lui guarda la donna con occhi attenti, curiosi. E questo mi dava coraggio, mi faceva rispettare e amare la mia condizione di donna. Michelangelo è un uomo sincero e coerente. Non ha mai fatto un film per il pubblico, anche se volendo lo avrebbe saputo fare benissimo. Racconta storie in cui crede e le rappresenta con rigore anche a rischio dell’impopolarità.
Monica Vitti
Tra le attrici di maggior talento, Monica è certamente la prima. Non potrei pensare a un’altra attrice brava come Vanessa, forte come Liz Taylor, sincera come Sophia Loren o moderna come Monica Vitti. Monica è incredibilmente mobile. Poche attrici hanno i lineamenti così mobili. Ha un suo modo originale e personale di recitare.
Michelangelo Antonioni
Aperto dalla sequenza in cui Vittoria (Monica Vitti) si distacca dal maturo intellettuale Riccardo (Francisco Rabal) e chiuso da un appuntamento mancato fra la ragazza e il giovane agente di borsa con cui ha iniziato una nuova relazione, Piero (Alain Delon), L’eclisse è la lucida descrizione del fenomeno di un’assenza che si apre fra un uomo e una donna, dividendoli e allontanandoli irreversibilmente. Ma l’estraneità fra i due giovani (lei, borghese annoiata, lui, cinico rampante), è calata da Antonioni in un clima di corteggiamento giocoso e adolescenziale, così da rendere ancora più crudele il vuoto che li separa. L’Italia del miracolo economico è condensata nelle splendide sequenze della Borsa, dominate dalla ‘violenza del denaro’. Nella parte finale, mostrando un paesaggio urbano ridotto a linee geometriche, disumanizzato, alienato, Antonioni raggiunge una forma di astrazione figurativa.
Roberto Chiesi