Caro diario
@ Piazza Maggiore e BarcArenaBologna
(Ita/1993) di N. Moretti (100’)
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C'è qualcosa di Rousseau, del suo illuminismo e della sua ansia pedagogica, in Moretti, qualcosa che in passato ha talvolta sconfinato in mo- ralismo ma che in Caro diario riesce a porsi come alta moralità; perché Rousseau parla dell'Io, questa parola magica che compare nel cinema di Moretti sin dal primo film (Io sono un autarchico).
E stavolta non c'è il filtro di Michele Apicella, personaggio guida dell'universo morettiano: non c'è più l'alter ego ma c'è l'ego, forte e - appunto - imprevedibile. Stiamo parlando di Moretti come di un egoista? Ci mancherebbe. La piccola querelle su Moretti egoista o Moretti altruista, Moretti che parla di sé o Moretti che parla del mondo, ci sembra assai bizzarra. La risposta è ovvia: Moretti parla di sé e, poiché è un artista, parla del mondo. Tutto il resto non conta. Nei tre episodi di Caro diario Moretti mette in scena, nell'ordine: il rapporto con la propria città e con il proprio passato, il rapporto con il mondo dei mass media e delle cattive abitudini, il rapporto con la malattia vissuta sulla propria pelle. Ma il primo episodio è anche un rendiconto generazionale e una lettera d'amore a Roma, il secondo è una deliziosa variazione sul tema delle isole come luoghi fisici e psicologici, il terzo è la più agghiacciante parabola sulla malasanità che il cinema italiano potesse inventare (la stessa idea era venuta a Fellini dopo il primo ricovero, sarebbe stato affascinante fare il paragone).
Alberto Crespi
In Caro diario era inevitabile che Michele sparisse come personaggio, specie nella terza parte del film, Medici, perché si tratta di una cronaca dove niente è inventato... Anche lì ho voluto utilizzare uno stile molto semplice, molto sobrio, differente dalle altre parti del film. Nelle Isole, la parte più d'invenzione del film, del diario, c'è una maggiore accettazione degli altri, rispetto a miei film precedenti... Le Isole è l'episodio che più si avvicina a ciò che ho realizzato fino a ora. Solo che prima c'era un personaggio come Michele, che s'arrabbiava, che urlava, che aspirava a essere direttore artistico della vita privata degli altri, del loro comportamento, della morale. Qui al contrario - ma non si tratta di rassegnazione - c'è un'accettazione del fatto che gli altri decidono da soli cosa vogliono essere, e se si paragona Isole a La messa è finita, a Bianca o a Palombella rossa, sono io questa volta che faccio da spalla agli altri personaggi. [...]
Pur essendo presente continuamente come Nanni Moretti, sono meno, come dire, protagonista assoluto. In In vespa io sono di spalle, lontano nell'inquadratura. Sono un po' come una voce fuori campo, e nelle Isole sono io che ascolto gli altri.
Nanni Moretti