Philip K. Dick, Modello due, da Le presenze invisibili: tutti i racconti 3, Milano, Mondadori, 1998
Con l\'inizio degli anni Sessanta la Fantascienza rischia di rimanere schiacciata sotto il peso dei suoi cliché: missioni spaziali, invasioni aliene e robot tuttofare sono di per se stessi motivi non più adeguati alle necessità di un genere letterario che sta divenendo “adulto”. Ad interpretare questa esigenza di mutamento pensa un manipolo di giovani scrittori, la cosiddetta “New Wave of Science Fiction”. Il più prolifico dell\'eterogeneo gruppo è il grande Philip K. Dick, destinato ad assurgere a meritata fama soltanto dopo la sua morte. Se è vero che i suoi romanzi riescono a dare espressione alle istanze della nuova Sci-Fi, più interessata all\'introspezione psicologica dei personaggi che alla verosimiglianza scientifica degli elementi tecnologici, grandissima rilevanza hanno anche i racconti, con cui Dick si è dimostrato maestro della “short story”. “Modello due” ne è la definitiva dimostrazione, non foss\'altro per la capacità di proiettare la sua ombra sulle suggestioni che animano i molto posteriori“Terminator” e “Matrix”.